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Il pettirosso: una controversa canzone per Gino Paoli

Gino Paoli è uno dei cantautori italiani dalla carriera più longeva, che ci ha regalato delle canzoni rimaste famose ancora oggi. partendo da "la gatta", canzone apparentemente leggera ma malinconica a proposito dei sacrifici fatti per seguire un progetto di vita con la persona a cui si vuol bene, compreso quello di lasciare i ricordi della propria terra, arrivando a "sapore di sale", "una lunga storia d'amore", e anche "quattro amici", una canzone sull'amicizia e la speranza. Ma tra le tante poesie che Paoli ci ha donato, ce n'è una degna di nota per l'emotività contrastante che scatena. Il pettirosso, uscita nel 2009 nell'album "storie" in occasione del cinquantesimo anno di carriera per l'artista.
Aveva gli occhi come un pettirosso
era una donna di undici anni e mezzo
si alzò la gonna per saltare il fosso
aveva addosso un vestitino rosso.

Mentre passava in mezzo a quel giardino
di settant'anni incontrò un bambino
voleva ancora afferrare tutto
e non sapeva cos'é bello e cos'é brutto
e l'afferrò con cattiveria
lei si trovò le gambe in aria
lui che cercava cosa fare
c'era paura e c'era male.

E il male lo afferrò proprio nel cuore
come succede con il primo amore
e lei allora lo prese tra le braccia
...con le manine gli accarezzò la faccia
così per sempre si addormentò per riposare
come un bambino stanco di giocare

Testo da indignazione facile


Leggendo il testo di questo brano dalla melodia molto dolce e semplice, l'indignazione viene immediata perché in una canzone apparentemente facile da ascoltare, sembrano esserci un sacco di pregiudizi e stereotipi. La bambina che sembra una donna, lei che provoca l'uomo alzandosi il vestito, l'uomo violento che muore e lei che lo perdona stile santa maria goretti della situazione... In realtà c'è molto, molto di più e, penso, Gino Paoli abbia fatto apposta a usare una tematica così estrema per indurre gli ascoltatori a mettersi in discussione davvero.

La "donna" di 11 anni e il "bambino" di 70


Che una canzone vada ascoltata per intero testo e musica, sembra ovvio. Ma non lo è, e questo ne è il caso più emblematico: leggendo il testo infatti si tendono le corde dell'irrazionalità più pura, perché si parla di un uomo che afferra una ragazzina pre-adolescente per abusarne. Invece, ascoltandola per intero, si capisce che le corde non vanno assolutamente tese. Credo infatti che non sia stata una scelta casuale quella di averla incisa soltanto con archi e chitarra acustica (prevalentemente arpeggi), ma l'arrangiamento sia stato scelto proprio perché questo è un prodotto "da maneggiare con cura".
La prima immagine che salta all'occhio è questa "donna di 11 anni e mezzo" che "si alza la gonna saltando il fosso", indossando un vestitino rosso. E niente... Non si tratta di provocazione fatta da una bambina che si sente già donna, ma di una ragazzina che, proprio perché sente che sta crescendo e si sente già una piccola donna, desidera indossare un vestito come le ragazze più grandi, ma ancora vuole giocare e "saltare i fossi per lungo" solo che il vestito non è adatto, e succede quel che succede - "faccio la grande ma ancora non lo sono". Il rosso? E' il colore che di solito si associa alla passione, e Gino Paoli lo mette in gioco proprio per scatenare l'emotività dell'ascoltatore e confonderlo. Se il vestito fosse stato nero, non avrebbe fatto lo stesso effetto! Poi gli occhi del pettirosso? Non so... Il pettirosso è un uccellino territoriale, mi viene in mente che lei fosse abitudinaria e "saltasse i fossi per lungo" in quel posto quasi tutti i giorni, per cui aveva uno sguardo sicuro... Oppure voleva dire occhi innocenti? Non so associare nient'altro al pettirosso se non il suo difendere il proprio territorio in ogni modo.
Il "bambino di settant'anni"... Si parla di un giardino, per cui mi viene in mente un uomo anziano che vive una condizione di demenza senile e che si è perso in un parco uscendo fuori di casa. No, non riesco a farmi venire in mente un pervertito che possa volontariamente essere lì per fare del male, provocato da qualsivoglia PRESUNTO atteggiamento di una "bambina che vuol far la donna", né una volontà di Gino Paoli di sostenere che i bambini abusati in realtà provocano l'abusatore con i propri atteggiamenti. Quella semmai è la visione superficiale, che Gino Paoli ha messo in campo apposta, forse per mettere alla prova gli ascoltatori della sua musica intenti a fermarsi di fronte al racconto senza capire il messaggio di fondo. Fatto sta che questa persona si comporta in modo palesemente incontrollato, "voleva afferrare tutto, non sapeva cos'è bello e cos'è brutto", è un modo delicato per dire che era evidente come quell'uomo anziano non si rendesse affatto conto di ciò che faceva. Chissà quella ragazzina che saltava il fosso cosa, o chi, gli ha ricordato?

Le gambe all'aria, la paura e il male


E' inutile girarci intorno. Quest'immagine racconta di un tentativo di atto sessuale tra la persona anziana e la giovane, ma più che un adescatore che fosse là apposta per darle la caccia, mi continua a rimanere impressa l'immagine di un uomo anziano in piena demenza che vede in quella giovanissima, forse una somiglianza con una innamorata di gioventù e la sua testa che non funziona più, gli fa credere di avere il suo primo amore là in carne ed ossa, così libera l'istinto primordiale (piaccia o no si tratta di questo) e la porta verso di sè. Per violentarla? Per abbracciarla e basta? Non ha importanza, in questo momento. Però la ragazzina ha paura ovviamente, e casca per terra. "lui cerca cosa fare, c'è paura e male", ricordiamo che non stiamo parlando di una persona con la testa a posto. Non capisce perché quella ragazzina urla, ha paura di lui che nella sua testa malandata pensa di non aver fatto niente di male. Eppure il male lo ha fatto, e sopraggiunge lo shock fatale.

La morte e la pietas


Il male lo afferrò nel cuore come succede col primo amore... E' proprio questa frase che mi ha fatto riflettere sul perché lui possa aver afferrato bruscamente quella ragazzina. Gli avrà ricordato il primo amore di gioventù! E lo shock per aver fatto del male a quella persona innocente, in quell'attimo di lucidità, gli ha causato un attacco cardiaco fatale. La ragazzina dal canto suo, per quanto spaventata fosse, si è resa conto del problema. Forse si è sentita la causa del malore di quello sconosciuto? Qui molti parlano di perdono verso un uomo cattivo... io vedo soltanto un gesto di umana pietà verso una persona morta, chiunque sia. Quell'umanità che (teoricamente) dovremmo aver tutti.
Questa canzone, me ne ha ricordata un'altra: "il pescatore", di Fabrizio De André.
Venne alla spiaggia un assassino
Due occhi grandi da bambino
Due occhi enormi di paura
Eran gli specchi di un'avventura
E chiese al vecchio "dammi il pane
Ho poco tempo e troppa fame"
E chiese al vecchio "dammi il vino
Ho sete e sono un assassino"
Gli occhi dischiuse il vecchio al giorno
Non si guardò neppure intorno
Ma versò il vino e spezzò il pane
Per chi diceva "ho sete, ho fame"

Questo è quanto. De André è stato generico, ha parlato di pietas verso le persone in difficoltà: chi ha pietas non si fa problemi ad aiutare chi lo chiede. Paoli invece è stato più brusco: ha preso una tematica forte, per mettere alla prova le persone, per mettere in gioco il sentimento di pietas. C'è sempre, c'è per tutti, o è solo un sentimento che viene quando non ci sono in gioco interessi ed emotività?

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