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La locomotiva - Francesco Guccini

la locomotiva a vapore

Guccini: un artista fuori dalla regole

Le persone che, come me, danno grande importanza ai testi delle canzoni, non possono non ammirare Francesco Guccini, più noto come il cantastorie di Pavana. Eppure parlare di lui è sempre difficile: non appartiene a nessuna corrente, i suoi testi trattano argomenti unici e non rispettano nemmeno le regole che i critici impongono e i grandi autori si sono imposti. Ricordo che, alla presentazione del suo primo romanzo giallo, scritto a 4 mani con Machiavelli, sottolineò come oggi gli autori si sforzassero di utilizzare singoli aggettivi in sostituzione due o più, dando la stessa forza al concetto. Mi spiego meglio: a volte per rafforzare un sostantivo utilizziamo diversi aggettivi. Gli autori sostengono che se riesci ad utilizzarne uno solo o, comunque, il minor numero possibile, l'opera ne trarrà giovamento. Gli scrittori di testi hanno lavorato molto in questa direzione ed i poeti già lo facevano nella prima metà del '900. Lui no, Guccini, in quel contesto, disse che a lui piace abbondare, sprecarli, aggiungerne anche quando non è necessario. Illogico, io mi trovo d'accordo con la posizione "ufficiale", ma, alla resa dei conti, chi lo può contestare? Chi può dire che Guccini non sia uno dei migliori parolieri italiani? Addirittura il migliore, a detta di molti. Lo stesso Bertoncelli, nel suo libro "pop story" lo esclude nella sua carrellata di personaggi, dicendo che Guccini rappresenta una storia a se, ed impossibile inserirlo in un libro che tratta la musica pop in generale (ve lo consiglio il libro, un po' superato ma, indubbiamente, interessante. PS: non è vero che Riccardo Bertoncelli spari cazzate. Un esclusione assai positiva, a detta dello stesso autore, visto che, alla fine, di tutta la musica che va dagli anni 50 agli anni 80 salverà solo Jimi Hendrix e Alan Sorrenti. Guccini non rispetta nessuna regola. Curioso poi notare come, nonostante i grandi risultati, sia in termini di qualità che commerciali, non abbia dato vita ad alcun seguito, nessuna corrente musicale, e, non mi viene in mente nessun cantante che si sia ispirato a lui. L'arte di Guccini è una parentesi nel panorama mondiale, nata con lui e destinata a morire con lui.

La locomotiva: una canzone dal testo controverso

La locomotiva è una delle sue canzoni più significative e dal significato più discusso. Lo stesso Guccini in diverse interviste ha cercato di smarcarsi. Ricordo che lo vidi al Cinemazero di Pordenone il giorno prima di un concerto (non ricordo di cosa si parlasse in quel contesto) e raccontò come quella canzone gli usci di getto, le idee gli si creavano nella testa così velocemente che, mentre stava scrivendo un paragrafo, in un foglio separato si appuntava le idee che avrebbe scritto in quelli successivi. Un opera che gli è uscita da cuore insomma, di getto, impulsivamente, senza quasi pensarci o rifletterci. E altrettanto impulsivamente la canzone ha scalato le classifiche ed è diventata una delle preferite dai suoi fans. Non solo, sarà il brano che, per tutta la sua carriera, chiuderà ogni concerto.
Ma perché dico canzone dal significato controverso? È perché sottolineo come sia uscita di getto? Perché ho quasi l'impressione che l'autore si sia quasi pentito di quello che ha scritto o, addirittura, che non condividesse nemmeno il significato della sua stessa canzone.

Significato de "la locomotiva" di Guccini

Ma tanto per cominciare: di cosa parla la canzone? Premesso che il testo lo troverete, come sempre, a fine articolo, vediamo se lo riesco a dire in poche parole.
Siamo agli inizi del '900, anni in cui i grandi progressi della rivoluzione industriale stavano arrivando anche nel bel paese. Quando parliamo di progresso pensiamo sempre a quello al progresso tecnologico industriale. Ed il simbolo del progresso che stava arrivando era la locomotiva (vi ricordate i film di Sergio Leone, tipo c'era una volta il West? Finiscono sempre con l'arrivo della ferrovia, che rappresenta il progresso e, quindi, la fine del far West).  La locomotiva rappresentava il progresso meglio di qualunque altra cosa: la locomotiva era possente, fortissima, veloce, miracolosa e collegava tutte le città del mondo. Un miracolo. Ma per Guccini non esiste solo questa forma di progresso, non esiste solo la rivoluzione industriale, esiste anche la rivoluzione culturale. Esistono parole nuove, parole che dicono "gli uomini sono tutti uguali" e nascono le grandi ideologie, a partire da quella anarchica. E la canzone è una bellissima metafora, tra il progresso scientifico e il progresso culturale. Tra la forza della locomotiva e la forza di un ideale. Tra un veicolo che viaggia velocemente di città in città ed un ideale che viaggia velocemente di città in città. Un'intuizione geniale, che ha dato vita ad una canzone geniale. Uno dei testi più belli della musica italiana. Oltre all'idea di base, a rendere straordinario il testo ci hanno pensato anche delle bellissime immagini, versi come: "ma nella fantasia ho l'immagine sua: gli eroi son tutti giovani e belli" oppure "e contro ai re e ai tiranni scoppiava nella via, la bomba proletaria e illuminava l' aria,la fiaccola dell' anarchia". Il testo completo della canzone lo trovate a fine articolo e non vi sarà difficile interpretarne il significato.

Qual'è il vero significato della canzone?

Ma perché dico che si tratta di una canzone controversa? Innanzitutto narra la storia di Pietro Rigosi, un macchinista anarchico, che dietro alla frase "meglio  morire che essere legato" scelse di sacrificarsi rubando un treno ed andandosi a schiantare contro un treno "pieno di signori". Detto in altre parole un terrorista. Ed è qui che nasce la disputa. Per anni Francesco Guccini ha finto di ignorare la cosa, poi, sotto pressione di alcuni giornalisti, ha spiegato che lui si è limitato a raccontare un episodio realmente accaduto, senza voler prendere alcuna posizione. Una bella risposta, da "democristiano", come si usava dire una volta. Un silenzio assenso, fatto per accontentare tutti. A me la risposta non ha mai convinto. La canzone non è una semplice narrazione fatta da una persona al di sopra delle parti. Lui stesso nel primo paragrafo lo definisce un eroe e tutto il brano ha toni epici, dove il  protagonista viene descritto come un eroe coraggioso affamato di giustizia. Persino il finale, dove ci si auspica che sempre, nella storia, ci siano persone pronti ad immolarsi contro l'ingiustizia (sociale in questo caso).

È una canzone sul terroriosmo?

No, perdonatemi, ma a me da proprio l'impressione che la canzone sostenga un atto di terrorismo. Io ho una mia spiegazione alla cosa. Ripartiamo da quanto scritto all'inizio: si tratta di una canzone scritta di impulso da un ragazzino, non di una cosa ragionata. Quando poi, raggiunta una maturità pagata a prezzo di inflazione, ci ha ragionato sopra, forse ha sentito la necessità di prenderne le distanze, ma senza fare troppo rumore. Intendo dire, lo possiamo capire solo se pensiamo a noi stessi. Vi è mai capitato in un film, di fare il tifo per il cattivo? Il cattivo poteva essere il mafioso che vendicava la morte del figlio, il poliziotto che ammazzava il ladro in quel momento indifeso, il soldato americano che ammazzava il soldato tedesco (che magari non aveva niente a che spartire coi nazisti). Insomma ci sono gli impulsi, li abbiamo tutti e, mi permetto di dire, sono anche comprensibili. Poi, passata una prima emotività, prevalgono la ragione, la riflessione e l'analisi. Ecco, secondo me è proprio questo: si è trattato dell'impulso di un giovano cantastorie, non consapevole che quel brano sarebbe entrato nella storia, che che non vuole negare il suo impulso, ma che, a mente fredda e raggiunta la maturità, nemmeno condivide. 


Testo de "la locomotiva" di Francesco Guccini.

Non so che viso avesse, neppure come si chiamava,
con che voce parlasse, con quale voce poi cantava,
quanti anni avesse visto allora, di che colore i suoi capelli,
ma nella fantasia ho l'immagine sua:
gli eroi son tutti giovani e belli,
gli eroi son tutti giovani e belli,
gli eroi son tutti giovani e belli...
Conosco invece l'epoca dei fatti, qual' era il suo mestiere:
i primi anni del secolo, macchinista, ferroviere,
i tempi in cui si cominciava la guerra santa dei pezzenti
sembrava il treno anch' esso un mito di progresso
lanciato sopra i continenti,
lanciato sopra i continenti,
lanciato sopra i continenti...
E la locomotiva sembrava fosse un mostro strano
che l'uomo dominava con il pensiero e con la mano:
ruggendo si lasciava indietro distanze che sembravano infinite,
sembrava avesse dentro un potere tremendo,
la stessa forza della dinamite,
la stessa forza della dinamite,
la stessa forza della dinamite..
Ma un' altra grande forza spiegava allora le sue ali,
parole che dicevano "gli uomini son tutti uguali"
e contro ai re e ai tiranni scoppiava nella via
la bomba proletaria e illuminava l' aria
la fiaccola dell' anarchia,
la fiaccola dell' anarchia,
la fiaccola dell' anarchia...
Un treno tutti i giorni passava per la sua stazione,
un treno di lusso, lontana destinazione:
vedeva gente riverita, pensava a quei velluti, agli ori,
pensava al magro giorno della sua gente attorno,
pensava un treno pieno di signori,
pensava un treno pieno di signori,
pensava un treno pieno di signori...
Non so che cosa accadde, perchè prese la decisione,
forse una rabbia antica, generazioni senza nome
che urlarono vendetta, gli accecarono il cuore:
dimenticò pietà, scordò la sua bontà,
la bomba sua la macchina a vapore,
la bomba sua la macchina a vapore,
la bomba sua la macchina a vapore...
E sul binario stava la locomotiva,
la macchina pulsante sembrava fosse cosa viva,
sembrava un giovane puledro che appena liberato il freno
mordesse la rotaia con muscoli d' acciaio,
con forza cieca di baleno,
con forza cieca di baleno,
con forza cieca di baleno...
E un giorno come gli altri, ma forse con più rabbia in corpo
pensò che aveva il modo di riparare a qualche torto.
Salì sul mostro che dormiva, cercò di mandar via la sua paura
e prima di pensare a quel che stava a fare,
il mostro divorava la pianura,
il mostro divorava la pianura,
il mostro divorava la pianura...
Correva l' altro treno ignaro e quasi senza fretta,
nessuno immaginava di andare verso la vendetta,
ma alla stazione di Bologna arrivò la notizia in un baleno:
"notizia di emergenza, agite con urgenza,
un pazzo si è lanciato contro al treno,
un pazzo si è lanciato contro al treno,
un pazzo si è lanciato contro al treno..."
Ma intanto corre, corre, corre la locomotiva
e sibila il vapore e sembra quasi cosa viva
e sembra dire ai contadini curvi il fischio che si spande in aria:
"Fratello, non temere, che corro al mio dovere!
Trionfi la giustizia proletaria!
Trionfi la giustizia proletaria!
Trionfi la giustizia proletaria!"
E intanto corre corre corre sempre più forte
e corre corre corre corre verso la morte
e niente ormai può trattenere l' immensa forza distruttrice,
aspetta sol lo schianto e poi che giunga il manto
della grande consolatrice,
della grande consolatrice,
della grande consolatrice...
La storia ci racconta come finì la corsa
la macchina deviata lungo una linea morta...
con l' ultimo suo grido d' animale la macchina eruttò lapilli e lava,
esplose contro il cielo, poi il fumo sparse il velo:
lo raccolsero che ancora respirava,
lo raccolsero che ancora respirava,
lo raccolsero che ancora respirava...
Ma a noi piace pensarlo ancora dietro al motore
mentre fa correr via la macchina a vapore
e che ci giunga un giorno ancora la notizia
di una locomotiva, come una cosa viva,
lanciata a bomba contro l' ingiustizia,
lanciata a bomba contro l' ingiustizia,
lanciata a bomba contro l' ingiustizia!

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