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Tu vivrai: canzone senza tempo sulla voglia di vivere

Dopo diversi anni di silenzio, nel 1990 i Pooh sono usciti con un album diventato celebre: Uomini soli, con il singolo omonimo che ha vinto Sanremo in quell'anno. Degna di nota è la realizzazione di un brano, uscito in 45 giri, di cui un lato eseguito solo dai Pooh mentre nell'altro lato alla canzone hanno partecipato Eros Ramazzotti, Raf, Umberto Tozzi, ed Enrico Ruggeri: il brano si chiama Tu vivrai.
Da sempre la musica è uno strumento per veicolare messaggi di ogni tipo: amore, rabbia, impegno sociale, disagio o allegria, voglia di vivere... Il testo di "tu vivrai" non ha bisogno di spiegazioni, è già bello da solo. Sapendo che raramente i Pooh hanno pubblicato nei loro dischi partecipazioni con altri cantanti, ho pensato che dato il testo e lo stile questo brano fosse stato creato per qualche iniziativa di beneficenza ma non ho trovato niente in merito. Nonostante ciò, "tu vivrai" ha fatto del bene lo stesso.

"Non voglio morire!"

Non importa se questa canzone non ha una sua storia o se ce l'ha e non la conosco, ce l'ha per me. E la condivido. Avevo 12 anni, era il 1992 e stavo al primo anno del reparto (uno dei gradi degli Scout). Lei ne aveva 16, io ero l'ultima arrivata e lei era la capo squadriglia - ogni reparto è diviso in gruppi di cinque-sei per sone ciascuno, si chiamano squadriglie. Essendo la figlia di una mia maestra della scuola materna la conoscevo da anni e mi sembrava già così grande! Eravamo amiche da molto tempo per cui avevo per Laura un rispetto sconfinato. Non solo è così grande e ha questo vocione, ma è pure il capo. Sapevo che era malata, "un tumore maligno" ma non avevo ancora avuto idea di che cosa precisamente volesse dire perché lei usciva con noi, cantava, e si dava da fare. L'unica idea che avevo della malattia, è che Laura aveva perso i capelli "per le medicine pesanti". Quella testa lucida come una palla di vetro, sempre tenuta sotto un berretto, mi aveva lasciato spiazzata e la mia risposta da bambina quale ero, è stata: "Che brutto, sei tutta pelata!" Non posso sapere che faccia avesse potuto fare ma la sua risposta è stata solo "Sai, purtroppo le medicine per uccidere il male che ho dentro, hanno ucciso anche i miei capelli".
Venni a conoscenza di questa canzone per merito suo. Eravamo seduti tutti su un prato durante la messa celebrata all'aperto per chiudere il campo scout. Mio primo campo, e ultimo di Laura. Ultimo da guida, perché sarebbe poi avanzata di grado, ma sfortunatamente anche ultimo della sua esistenza e, sicuramente, lo sapeva. Ricordo solo che chiese di cantare "tu vivrai", definita "la sua canzone" e iniziammo a intonarla, con le chitarre acustiche e il testo sul canzoniere. Ad un certo punto lei smise di cantare e scoppiò a piangere, dicendo a tutti: "Non voglio morire!" Fu allora che la consapevolezza arrivò tutta su un colpo: la malattia avrebbe ucciso anche lei, non solo i suoi capelli! In quel momento, a soli 12 anni, ero passata dal mondo degli adolescenti a quello degli adulti in meno di un secondo. Un mondo non più soltanto spensierato, ma fatto anche di tanto dolore e sofferenza che non guardano in faccia nessuno. Cantammo quel brano anche al suo funerale, un paio di mesi dopo. Lei se ne andò il 12 ottobre 1992 proprio il giorno successivo a quello che avrebbe dovuto essere il momento del passaggio dal reparto al grado superiore. L'uscita dei passaggi, che si è rivelata un addio definitivo a cui la malattia non le permise di presenziare.
Eppure ero convinta che quella canzone là fosse un canto scout scritto da lei per noi, ho scoperto solo un paio di anni dopo, che era dei Pooh! E da allora, quel brano mi accompagna ovunque su ogni playlist, facendo da colonna sonora anche alla lotta di altre persone care, alcune che ho perso e altre che sono ancora qui a combattere contro il cancro.
Ritengo che una canzone simile possa essere un messaggio molto più valido rispetto a mille parole dette e ripetute sulla vita, una canzone che sancisce la continuità della lotta di chi non c'è più e non ha combattuto invano avendo vissuto con ottimismo e voglia di vivere tutto il proprio percorso.

Tu vivrai: il testo

Se sei nato già vincente, ma sai essere alla buona
se ti fidi della gente, ma non credi alla befana
se non dai la colpa agli altri, degli sbagli che tu fai. Tu vivrai, tu vivrai, tu vivrai.
Se sei forte quando serve, ma sai chiedere anche scusa
se vai piano in certe curve, ma sai vincere in ripresa.
Se sai mettere d'accordo chi non c'è riuscito mai. Tu vivrai, tu vivrai, tu vivrai.
Se non ti stanchi mai, di addormentarti stanco. Se c'è un bambino in te, e te lo porti a fianco. Se non ti prendi mai, troppo sul serio. Allora tu vivrai, vivrai davvero.
Se ti sai svegliare presto, quando vai a letto tardi
se rimani quasi onesto, in un giro di miliardi
se sai piangere di gioia, senza vergognarti mai. Tu vivrai, tu vivrai, tu vivrai.
Se non ti stanchi mai, di cose da imparare. Se non disprezzi mai, quel che non puoi avere. Nessuno riuscirà, a manovrarti. Saprai di cosa e chi, innamorarti.
Se sai perdere e cadere, senza mai toccare il fondo
se sai toglierti dal cuore, chi ti stava derubando.
Se sai dare tanto amore, quanto ne riceverai. Tu vivrai, tu vivrai, tu vivrai.
Tu vivrai, tu vivrai, tu vivrai.

La linea retta


Come detto, la perdita di Laura ha lasciato il segno e mi ha trasmesso una incolmabile voglia di vivere, dopo aver "stemperato" il dolore. E nonostante non creda nella vita dopo la morte, sono convinta che certe testimonianze siano una la continuità dell'altra per cui chi ha lottato senza vincere, alla fine sta continuando a farlo nella lotta degli altri.
Nella geometria di base, a scuola, ci è stato insegnato il concetto di retta: linea che va avanti all'infinito, formata da infiniti punti. E se per un punto passano infinite rette, per due punti passa una retta sola. Pertanto quando ho conosciuto il mio ex compagno che sta tutt'ora lottando con l'HIV, ho capito che di gente propensa a lottare, ce n'è ancora. Ma la conferma definitiva è stata conoscere Leonardo Cenci nel 2015 al TEDX Assisi in cui sono stata speaker nel settore "resilienza" insieme a lui: Leonardo, malato dal 2012 e morto il 30 gennaio 2019, diventato il mio motivatore tutt'ora. E adesso che è venuto a mancare Leo, a lanciare testimonianze di lotta è arrivato Stefano che anche non sapendolo, sta continuando la lotta di Leo, di Laura e di tutti gli altri. Per cui sì, la linea è sempre retta e continuerà all'infinito.

Conclusione

Troppe volte si sente parlare di ragazzi che rischiano la vita, per sottoporsi ad assurde sfide lanciate nei social network o nelle piattaforme di condivisione video. Selfie sui binari dei treni, video sui tetti degli edifici, gente che gioca col fuoco (nel vero senso della parola) per ottenere qualche follower o like in più. Ma di fronte a ragazzini della loro età che hanno perso o stanno perdendo la vita pur amandola nonostante tutto. Per avere un ammiratore in più, vale mettere a rischio la propria vita? E' un rapporto qualità-prezzo conveniente? Non credo.

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