In questo brano del 1978, Ivan Graziani si mette nei panni di un uomo italiano che vuole rubare la Gioconda dal museo Louvre.
Monna Lisa: il protagonista
La validità di un testo si vede quando l'autore ti accompagna per mano attraverso i pensieri e le intenzioni del suo personaggio:
"Vorrei rubarla. Vorrei rubare quello che mi apparteneva, e nasconderla in una cassa di patate". Mette subito in chiaro le intenzioni e soprattutto le motivazioni del suo gesto. Sono italiano, la Monna lisa è mia (della mia nazione) e metto in campo ogni strategia possibile per raggiungere l'obiettivo.
"Lassù una civetta urla, e io non ho ancora iniziato il mio lavoro ora..." Si capisce immediatamente che lui agisce di notte.
Il custode: antagonista
Nel descrivere il custode del Louvre, Graziani mette in campo un'immagine potentissima per renderlo antipatico a prescindere.
Quale persona amante dell'arte farebbe il tifo per uno che ruba? Il custode difende il museo e le opere in esso contenute, perciò il ladro ha bisogno di una motivazione per farsi giustificare da chi ascolta la sua storia:
"Il custode parigino che spiava le bambine dell'asilo..." Di per sé, la morbosità di quest'uomo non ha molto a che fare col museo né con la Gioconda; ma è una situazione particolarmente emotiva, che non fa certo empatizzare con lui! Riempirgli la bocca di biglietti per farlo star zitto quindi, risulta il minimo sindacabile.
L'ha rubata o no?
"la cultura mi sorride, fra le ombre e le tende di velluto. Io sto torturando la tela, col rasoio e con le unghie." La frustrazione di chi ha sempre sentito parlare dell'arte a scuola, ma senza che nessuno mai gliel'abbia fatta davvero vedere.
Ha dato una botta in testa al custode antipatico ed è arrivato al suo obiettivo. Ma...
"Di sotto stanno urlando. Certamente mi dicono di uscire, il francese non lo afferro, per questo me ne sto un po' qui a pensare..."
E la scena si conclude col custode che si lamenta perché gli hanno dato una botta in testa.
Graziani lascia volutamente il finale aperto; ma è bellissima questa immagine del tizio, presumibilmente col quadro in mano, che di fronte all'inevitabile pandemonio che ha scatenato, resta là a pensare. A come scappare? Alle proprie azioni? Non si sa.
Degna di nota anche la ripetizione del termine "ora", prima di ogni ritornello: fa capire l'urgenza di muoversi, che il protagonista sta vivendo.
Una cosa è certa però: le scelte nella musica e nel testo (predominanza della tonalità minore, le varie descrizioni sensoriali della civetta e le persone che urlano) fanno sì che ascoltando questo brano durante la notte col silenzio, ti faccia sentire inseguito come se a rubare la Gioconda fossi tu.
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